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alessandro grando

Avevo tra le mani, nei giorni scorsi, un prezioso manoscritto in pelle di ovino (pergamena) da molti anni in mio possesso, di ignoto autore e dall’incerta datazione: forse tarda età latina o, più verosimilmente primo medioevo, dal titolo “De Ars Tapasciandi”. Ebbene, già questo antico testo, fondamentale per chi fa podismo, che io gelosissimamente custodisco, alla voce   “exercitatio spoecifica” così recita: azioni atletiche particolari  nei modi e nei tempi, ...

... ripetute per soverchie fiate, onde adusare l’Homo Podisticus a dare il meglio di sé in una o più gare con condizioni simili a quelle date.  Pur avendo letto, riletto e  meditato questa “bibbia podistica apocrifa”, mi sono presentato alla partenza di Piazza Bra con paurose carenze in tali “azioni atletiche”, quasi come uno studente ad un compito in classe di Lunedì. Volevo fortissimamente correre questa particolare gara, ma per dirla tutta, io non sono mai stato un granchè in salita e pur avendo cercato di prepararmi per questa corsa un poco “bestiale”, la vecchia pergamena non ha sbagliato. In salita, e ce n’era per tutti i gusti, ho davvero sofferto, pur essendomi risparmiato nella prima parte. Anche alternando corsa e camminata fin dal 25° km, negli ultimi due ho veramente ceduto alla fatica e ai crampi incipienti, camminando fino al traguardo. Questo mio ridicolo psicodramma, nulla toglie alla bellezza della gara, né toglie  alcunché alla sua durezza: corsa per gente preparata e gagliarda, dalla gamba salda e dalla testa a posto. Gli infiniti 12 km di tornanti hanno il potere di togliere lucidità forse più della fatica stessa. Spesso si corre da soli e, pur circondati da una natura bellissima, si rischia il crollo psicologico… E’ andata, però. Un po’ peggio di quel che speravo, un po’ meglio di  quel che temevo. Sono riuscito ad amministrarmi nonostante tutto, arrivando al traguardo stanchissimo ma lucido, abbastanza per gioire della mia impresa e per complimentarmi con gli amici per i loro  risultati, soprattutto col compagno di squadra Giuliano, non più verde di anni ma fortissimo, che dopo aver corso con me parte della salita, si è involato con un passo invidiabile per tutti, lui che di primavere ne ha 75, arrivando in piazza a Bosco col sorriso sulle labbra… Un complimentone anche al giovane amico Alessandro, che è andato su alla velocità di un motorino. Beata gioventù!

La corsa è stata bella, bella, dura, varia  ed affascinante: per un veronese, soprattutto, arrivare sulle proprie gambe al Capoluogo della Lessinia, partendo dall’Arena di Verona, ha il sapore di una conquista. Ecco perché mi sono buttato in questa impresa nonostante non fosse proprio pane per i miei denti. Ho addentato la strada, conosciutissima peraltro, km per km, assaporandomela tutta tra auto fumiganti, ristori latitanti nel fondovalle, e su su, col tenue profumo dei ciclamini che annunciano l’autunno, qualche vacca al pascolo ed il panorama che si apriva ai piedi di tutti noi, complice la quota via via più alta. Ingredienti magnifici per incoronare una Domenica di Settembre, chiusa coi polpacci duri e col proposito di ubbidire alla pergamena, la prossima volta che ci sarà da far salite…

 

Buone corse, amici! Alessandro Grando  12/09/2010.