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Simone Crema

Cena con degli amici, bel posto in riva al mare, la serata è frizzante, ci si diverte. Un profumino delizioso ad ogni passaggio di portata. Persone in piedi che aspettano, facce sconosciute, stranieri e non. Ma una di queste, una tra tutte mi sembra di conoscerla, la vedo da dietro, m'acciglio, si la conosco, chiede un tavolo, ma dai, la voce è quella è la sua, è mia cugina. Continuo per un attimo a fare l’istrione della tavolata, ma poi mi alzo e vado a salutarla.

Ci guardiamo con complicità, con quel sorriso che già dice tutto. Dura un attimo e poi tutto torna ad essere banale e pieno di convenevoli. Del resto non si può aver più quella confidenza che si aveva quando si giocava al dottore...
"Ti presento il mio ragazzo".  Stringo la mano a questo ragazzotto, credo sia lui ora quello che fa il dottore.  Ci guardiamo pensando che ad ognuno di noi non importa nulla dell'altro.
"Piacere piacere",
…   Silenzio.
Sorrisi di circostanza e poi lei, intelligentemente, entra come un’ esperta in comunicazione e risolve quello stallo che si stava creando. Da conduttrice risolve quell'attimo che creava imbarazzo. Riprende la parola:
"cosa ci fai qui?"
"Sono a cena con amici. Amici Podisti."
"Ma dai corri?"
"Si", siamo podisti.
"Che bellooo, io e Tommaso abbiamo appena iniziato a correre".
La situazione inizia a farsi pesante. Il cameriere li sta aspettando per portarli al tavolo e loro sembrano non aver più fame avendo trovato qualcuno che può capirli.
"Ma dai e voi, qui,  correte tutti?"
Si intorno al tavolo. Ma cosa dice (ovvio siamo podisti)?
"Si, corriamo tutti"
E avrei proseguito dicendo: certo, corriamo tutti come dei deficienti, senza direzione, senza meta, ogni tanto qualcuno sbatte mentre altri prendono direzioni diverse senza capire dove vanno. Mi trattengo, non tiro fuori il presuntuoso-sarcastico che c'è in me e proseguo più semplicemente con quella dichiarazione che, so già, protrarrà il discorso in mezzo alla sala.
Intanto il cameriere si sta stufando e guardando in alto, come a scorgere una ragnatela:
"il tavolo è quello là in fondo"

e pensa: perché se aspetto voi il riso diventa lungo come gli spaghetti o le bavette che peraltro stan facendo i miei amici guardando mia cugina.
Io, con fare modesto e col tono “chiudiamola qui” dico:
"massi' facciamo qualche mezza, qualche maratona".
Ecco, spalancano gli occhi, soprattutto lei, e:
"Tommaso, ci sediamo con loro, disturbiamo?"
"Sicuramente…" rispondo io, e proseguo:
"…Sicuramente il cameriere, che dovrà attaccare un tavolo ma per noi è un piacere".
Il cameriere da lontano capisce, finisce di sfilettare un branzino e torna, è sempre quello delle ragnatele, ma ora ha lo sguardo da geometra dell'ufficio tecnico che deve rifare il piano regolatore della sala, sposta un tavolo guardandomi, come se fosse tutta colpa mia, e scorgo dentro di lui un pensiero che dice: “se gli dicevi che facevi qualche campestre finiva li, ma invece no, hai voluto dirgli della Maratona. Eh! La faccio tutte le sere io, la Maratona, con i piatti in mano e zig-zagando simpaticissimi clienti che si piazzano in mezzo alla sala!”
Si siedono con noi, li presento e i miei amici son più accoglienti degli hawaiiani, un altro po’ e gli (le) mettono la collana di fiori.
"Insomma, qui, correte tutti?"
Io li guardo e non so se iniziare a cercar ragnatele o a rifare nuovamente il piano regolatore della sala  e ri-spostare i tavoli a mo di tetris e far incastrare loro in fondo alla sala com'era previsto nella bozza iniziale.
So, che oramai la serata è compromessa perché:
A) io non son più il protagonista, ero capotavola e ora son di lato.
B) Lei è carina e gli altri cercano di esserlo con lei, quindi mi estraneo ed inizia paradossalmente un tacito sodalizio tra me ed il nuovo dottore, Tommaso.
Iniziamo a parlare io e lui, non è neanche male. Parliamo di tutto, per dissociarsi da quella specie di adulterio che stava compiendo la nostra cara paziente.  I miei amici intanto le parlano, ma più che altro la ascoltano da finti interessati, tipo l'Orco che guarda Pollicino: occhi languidi alla Aribert Heim, bocca a cuore da latin lover e la corsa come ultimo dei pensieri. Ad un certo punto lei, neanche contenta d'essere al centro dell'attenzione, e forse con la voglia di scrollarsi di dosso quell'alone di appiccicaticcio, di pece, sancisce il suo essere primadonna e con tono perentorio di bambina viziata, urla:
"che maratone avete fatto?"
Buonanotte, qui non ne veniam più fuori. Tuttavia, i miei compagni, seguono un protocollo, tutti in fila come alla visita militare.  Rispondendo, con l’entusiasmo misto timido della prima volta che han fatto il gioco della bottiglia, si ritrovano li in  mutande, ma con quel filo di orgoglio che dice “a sto punto faccio vedere un po’di muscoli”, e rispondono sciolinando le gesta uno ad uno. Ormai lei è la caporeparto. Li ascolta ed annuisce con espressioni di approvazione.
Tocca a me, ed io non mi sento solo in mutande d'avanti alla dottoressa del distretto, ma anche con le urine in mano. Imbarazzante, situazione da Caserma Martini. Guardo tutti, li passo in rassegna con uno sguardo veloce, per non soffermarmi troppo e dar quell'attesa che poi vuole esser riempita con qualcosa di grande, anche perché in quel momento andrei via, di corsa... forse con lei a giocare. Torno, con finta distrazione, con gli occhi su di lei, è proprio bella la figlia di mia zia, ma del resto chi è che non ha una cugina bella. Mi accorgo che, durante tutti 'sti pensieri, ho comunque già iniziato a fare l'elenco: "Maratona di Berlino, Boston, Chicago, Milano, Roma, Atene, Londra, Treviso e Venez...". Non finisco di parlare e la capo-reparto-dottoressa-a-quel-punto-scema in preda alle palpitazioni, manco stesse facendo le ripetute, mi interrompe sul Venezia per chiedermi:
"ma non hai fatto quella di New York?"
"No" candidamente io.
"Nooo?" inquisitoria lei.
"No" di nuovo io e dentro quel No esce addirittura Bin Laden, con tutta la rabbia che non ho tirato fuori fino ad ora! Che cazzo è 'sta New York? Non ha forse 42195 metri come le altre, non ha una partenza, i ristori? Un arrivo? Cosa ha che le altre non hanno? Forse qualche stronzo in più tutto colorato che ride tutto sudato!

 

Perché possiamo pure parlare di storia, ma allora parliamo della Maratona dei primi Giochi Olimpici Atene 1896 (Filippide a parte), o di Boston la prima ad esser certificata nel 1897, o se mai di Londra con Dorando Pietri dove per la prima volta nel 1908 si è adottata la distanza attuale. Allora, di cosa parliamo? New York C.M. è stata corsa la prima volta nell’anno in cui son nato io: 1970 (quindi è giovane! O quasi dai)!  Noi non ce ne importa niente di New York, noi vorremmo che nessuno mai ci chiedesse se l'abbiam fatta.  Noi che ci sentiamo maratoneti sappiamo che è la Maratona  per i ragionieri che la fanno per scommessa (forse la fanno col cardiologo la scommessa),  per poi vantarsene qualche tempo dopo, oramai appesantiti davanti ad un tiramisù scaduto nella mensa dell'ufficio. Noi corriamo perché ci piace correre e non per dire che abbiam corso là. Noi odiamo chi ce lo chiede perché è come chiedere ad un vegetariano se ha mai mangiato la lattuga svizzera! Come credete che possa guardarvi? Eh? Me lo dite?  
Comunque, vi svelo un segreto, che rimanga tra noi, che non venga a saperlo mia cugina, siccome tutto sommato vorrei farla , e grazie ad un occasione che vi racconterò, … quest'anno alla Maratona di New York, ci vado anch’io e … di corsa.

S.C.CREMA



P.S. I RIFERIMENTI A PARENTI ED EVENTI NON SONO REALI, LA STORIA E’ INVENTATA, MA  AI DOTTORI SI È GIOCATO…
IL NOME È DELL’AMICO TOMMASO ROBERTI PER RENDERGLI OMAGGIO E PER RINGRAZIARLO DI AVERMI DATO IL MODO DI SCRIVERE QUESTO RACCONTO.

 

Punti di vista...
Giulia.

 

Esco con Tommaso,
vorrei mangiare pesce. Speriamo di trovare un bel posto, c'è sempre pieno ovunque.
“Potremmo andare in quel bel posticino in riva al mare”
“Certo”
Certo, mi risponde, non ha mai idee...
Il parcheggio è pieno, mi sa che non riusciamo, comunque proviamoci. Ci avviciniamo all’entrata, sembra la chiesa di paese il giorno di Natale, gente anche sulla porta. Guardo Tommaso e gli dico:
“Ce ne andiamo?”
“No, aspetta un attimo”
Come per magia entrano tutti e si siedono, era una comitiva, un gruppo che aveva prenotato una tavolata. In un ristorante così non dovrebbero nemmeno accettarle certe prenotazioni.
“Non credi Tommy?”
“Cosa?”
“Pensavo che questo è un posto da coppiette, e non centra nulla una comitiva. ”
… Silenzio.
Ci viene incontro il cameriere e senza che gli chiediamo nulla ci accompagna, magari noi siam passati solo per vedere come è il posto, pensa te questo.
Sento: “Giuliaaa!” chi è che mi chiama dalla tavolata?
“Oddiiiooo, ciao Simone” ma che ci fa qui con  quelli svitati?
Glielo chiedo:“cosa ci fai qui?” E’ sempre belloccio.
"Sono a cena con amici. Amici Podisti." Pensa te, poverini. Gli farei compagnia io, sono convinta che gli rallegrerei  la serata, e poi non ho voglia di sedermi dove vuole il cameriere che non parla e guarda le nuvole.
Cerco di rianimare il mio cuginetto, mi sembrano situazioni tristi quelle delle cene di fine anno, delle rimpatriate e delle serate con il club. Fingo interesse per quel che fanno, addirittura gli dico che corriamo anche noi. In realtà ci siam solo rincorsi in spiaggia, ci siamo divertiti ed allora il mattino successivo abbiamo fatto una passeggiatona  e acceleravamo ogni tanto come per sfidarci.

Ha bisogno di me, lo conosco. In fondo, mi ha sempre dato l’idea che chi corre si senta un po’ solo, e quindi non riesco a trattenere la crocerossina che c’è in me, sacrifico la serata, devo star con lui. La butto li:     "Tommaso, ci sediamo con loro, disturbiamo?" Mio cugino non riesce a trattenersi, è un duro, non lo vuole dar a vedere, ma dentro è entusiasta.

“Sicuramente”, dice, ma vorrebbe dire evviva. Faccio un cenno al cameriere, un altro, quello di prima non mi piaceva, arriva con un bel sorriso e ci sistema i tavoli. A me tocca il posto capotavola, è destino.

Mi presento ed inizio a parlare con il gruppo, mi guardano come gli aborigeni guardavano Cristoforo Colombo, finalmente una  novità. E’ talmente una novità avere qualcuno di diverso da loro che anche le loro nature di uomini non ci sono, sono interessati come dei cuccioli asessuati. Anche l’unica donna, oltre a me, che già definirla donna è un complimento, seduta in fondo a destra sembra avere lo sguardo degli altri, facilmente è lesbica.   Si, una che corre è lesbica.  Guardo mio cugino, sembra sollevato. Ha talmente bisogno di affetto che si mette a parlare con il mio Tommaso.  Io parlo con tutti, si mettono addirittura in fila come le ochette per parlar con me, però mi fa piacere, è la prima volta che degli uomini non sono interessati alla mia …

Sono interessati a farsi belli loro, si pavoneggiano raccontandomi delle loro gare tutte uguali ma corse in città tutte diverse. Anche Simone vuole dirmi quante e quali ha fatto, è un po’ perso stasera, inizia si blocca, guarda in alto, sembra cercare l’ispirazione.  Gli chiedo se ha fatto la Maratona più importante, quella di New York, e vedo un guizzo nei suoi occhi, non sa come giustificarsi,  si vede che vorrebbe farla. Faccio un sorriso, sono riuscita a dargli un motivo per correre affrontando qualcosa di importante. Gli ho finalmente dato l’ispirazione. Andrà a New York, glielo leggo in viso, e magari lo accompagno anch’io, anzi inizio a correre e la farò con lui, cosa ci vuole a fare una maratona?  Anche il mio collega l’ha fatta ed è un quintale…

 

S.C.CREMA

 

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