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La fatica che accomuna tutti nello sforzo della corsa è una livella sociale: siamo coi piedi per terra e siamo dannatamente uguali. Continuate a spingere sull'acceleratore! Continuate a pensare la vostra corsa! 

Il mondo del calcio insegna sempre qualcosa, a guisa di una pellicola fotografica: in negativo. Penso al caso del mio conterraneo abbronzato, Mario Balotelli, oggetto di cori razzisti. Mario è un ragazzone nero pece, italiano di Lumezzane, vicino a Sarezzo, dove io sono cresciuto e dove le mie radici famigliari ancora resistono. E' il cuore pulsante della Brescia industriale, la Valtrompia delle armi, dei rubinetti e del tondino...

 

Mario parla con un marcatissimo accento bresciano: ad ascoltare il mio e il suo audio senza immagini ci sarebbe da scommettere che il viso pallido è lui!

Eppure il nostro colore della pelle è differente e Mario ogni tanto s'incazza (giustamente) per gli insulti vigliacchi che subisce.

Fin qui il mondo del calcio, fatto di privilegi e pregiudizi, figlio di un drammatico distacco dalla realtà quotidiana: i campioni transitano in un empireo tutto loro con un codazzo di manager-tecnici-schiavetti-soubrette-milionidieuro; il popolo dei tifosi (quelli educati e sportivi e quelli "poco di buono") permane nel mondo terreno. Uno schema dicotomico come quello proposto semplifica abbastanza il quadro sociale, ma sostanzialmente non è mendace.

Il mondo del podismo è un'altra cosa. Avete mai pensato alla bellezza di potersi schierare al via di una corsa di provincia a fianco di un campionissimo? Avete mai pensato che incontrare l'olimpionico Stefano Baldini, dirgli "ciao" e scambiare due chiacchiere con lui non sia un fatto impensabile? Avete mai dato del "tu" chiacchierando in corsa ad uno che potrebbe essere tranquillamente il megadirettore dell'azienda per cui lavorate?

La fatica che accomuna tutti nello sforzo della corsa è una livella sociale: siamo coi piedi per terra (solo quelli veloci come Gebrselassie magari sono un po' più "aerei" ;-) e siamo dannatamente uguali: sudiamo tutti, profumiamo di schifo allo stesso modo, abbiamo tutti la stessa probabilità di soffrire di vesciche ed unghie nere.

L'uguaglianza è la visione democratica. Non c'è razzismo nell'atletica (sporadici episodi, nemmeno palesi): ho conosciuto corridori oltranzisti della Lega Nord che non potevano fare a meno di ammirare l'agilità delle gazzelle africane o la superiorità fisica di alcuni maghrebini... L'unica forma di discriminazione in atletica è quella che deriva dal fastidio nei confronti di chi prova (e spesso riesce) a infrangere le regole, in barba ai principi di onestà e legalità. Si potrebbe promuovere un'indagine demoscopica nella comunità dei podisti per valutare la diffusione del fenomeno dell'irregolarità e per raccogliere le opinioni del popolo dei runners...

E poi ci sono i piedi che scalpicciano, più o meno leggeri, nel fango dei cross o sull'asfalto o su un sentiero di montagna (ma anche sullo sportflex...). Ecco le visioni podistiche, dal greco "pous, podos" = piede (traslitterato alla buona...). Inquadrature di smorfie sofferenti, di piccole conquiste, di falcate elastiche o di passettini correndo "sulle uova", di maratone portate a casa con fatica e gioia, di 3000m in pista finiti lunghi distesi dopo una volata allo spasimo... Sfide con noi stessi o con altri, sempre improntate al rispetto reciproco. Per noi c'è sempre il terzo tempo alla fine di una gara, un cin-cin col thé caldo del ristoro!

Il nostro è un mondo a colori, continuiamo ad amarlo spassionatamente. Ma non trascuriamo lo spirito critico: si può sempre migliorare e si devono evitare le spiacevoli contaminazioni da parte di chi vuole speculare sul formidabile movimento dei runners!

 

Continuate a spingere sull'acceleratore! Continuate a pensare la vostra corsa!

 

di Tito Tiberti

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