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La preparazione dei 10000 metri è un cammino meraviglioso. Il corridore deve sapientemente miscelare varie tipologie di lavoro. Andare forte sui 10 km significa possedere caratteristiche versatili, grande testa ed un motore che gira con benzina pregiata. 

10 mila metri

Negli ultimi anni è cresciuta la febbre per la maratona. Un numero sempre maggiore di podisti si è cimentato nella fatidica distanza dei 42 km. Per arrivare a coprire questa distanza nel migliore dei modi bisogna varcare una porta: quella dei 10 km. La soddisfazione di concludere una gara che prevede un sostanzioso numero di km dà certamente soddisfazione. Questo vale anche per chi non ambisce a realizzare tempi di valore in quanto...

 

... gli rimane la consapevolezza di aver raggiunto un obbiettivo importante.

Il problema è che molti maratoneti lo diventano a tempo pieno e saltano tutto il periodo fondamentale per costruire una giusta preparazione. Mi riferisco in particolare ai podisti che corrono la maratona sopra le 3h30’. Essi tendono solo a privilegiare i lunghi e finiscono per perdere tutte le qualità che stanno alla base per avere un’azione di corsa efficiente. La preparazione per eccellere nei 10 km è un passaggio fondamentale per il fondista, non è possibile mettere resistenza su un organismo che non sia in salute riguardo le qualità di base.


CORRERE O CORRICCHIARE

Mi ricordo quando alcuni anni fa parlai con un atleta che stava concludendo la sua parentesi nel triathlon. Egli mi chiese se ero disposto ad allenarlo perché era intenzionato a dedicarsi alla sola corsa dopo anni di sacrifici per preparare l’Ironman (3,8 km di nuoto + 180 km di bici + la maratona). Questa scelta, cioè di ritornare alla corsa, era dovuta al fatto che il tempo dedicato al lavoro ed alla famiglia gli lasciava poco margine per avere una sufficiente preparazione in funzione triathlon. Ma in verità la ragione era un’altra perché mi disse: “Volevo correre un Ironman sotto le 10 ore e ho raggiunto l’obiettivo, ma vuoi mettere quando corsi un 5000 in 16’01”? Quello era correre, l’Ironman solo una questione di allenamento di resistenza fisica e mentale.”

 

In pratica mi volle far capire che è bello resistere a lungo, ma è fantastico correre distanze di 5-10 km in cui corri in modo pieno, usando tutte le qualità a disposizione.

E’ vero, per essere validi sui 10 km bisogna essere veloci, ma resistenti. Bisogna avere piedi reattivi, cuore elastico. Occorre saper correre in presenza di discrete quantità di lattato ed avere sensibilità sul ritmo perché improprie andature pregiudicano la prestazione.

 

QUALE COCKTAIL?

In effetti è così, la prestazione nei 10 km richiede una svariata selezione di ingredienti. Il cocktail perfetto è raggiungibile studiando in modo corretto le singole dosi che vanno allenate per conseguire il risultato. Mettere troppi lavori di resistenza andrebbero a discapito dei lavori per lo sviluppo del ritmo, mentre esagerare in questa direzione renderebbe troppo gracile la tenuta sui ritmi veloci. Per ottenere degli ottimi incastri c’è ovviamente da capire da che periodo si sta venendo, ma soprattutto dalle singole qualità del runner.

E’ affascinante studiare il corridore al microscopio per poi dosare tutti i lavori nel modo più appropriato.

Ad esempio chi riesce a smaltire il lattato in modo rapido, avrà più facilità a inserire allenamenti in cui i periodi di recupero sono estremamente ridotti.

Chi invece ha difficoltà a lavorare “in acido” dovrà insistere su tutti quei lavori che riescono a stimolare il meccanismo lattacido. Gli allenamenti di potenza e resistenza lattacida sono campi da esplorare, ma l’invadenza di questi territori deve essere fatta con giudizio.

A livello di fibre c’è una difficoltà maggiore quando le andature si fanno elevate.

Voglio dire che una crisi da esaurimento del glicogeno, tipica del maratoneta, o una crisi classica dell’ottocentista che viene completamente saturato dal lattato, hanno sviluppi e ripercussioni totalmente differenti.

Bisogna conoscere bene i tempi di svuotamento e di ricostruzione muscolare per evitare di fare danni. La mancanza di adeguato recupero porta ad un rapido scadimento delle prestazioni, ma anche un’eccessiva prudenza fa cadere il castello del ciclo di carico.

Il cocktail giusto sta dunque nel capire l’atleta, le sue caratteristiche ed i suoi tempi di recupero nei vari tipi di allenamento.

Ognuno ha i suoi tempi di recupero e di adattamento. Questi aspetti crescono nello sviluppo della preparazione, l’esecuzione di programmi standard non può prevedere la percentuale di adattamento del singolo.

Per questo motivo le tabelle preconfezionate non possono andare incontro in modo pieno e corretto al runner. Un filo diretto con il tecnico per essere aggiornato sullo sviluppo degli allenamenti è necessario ad ognuno per riuscire ad ottenere risultati in linea con il potenziale.

 

LE RIPETUTE

Le amate-odiate ripetute servono sicuramente per cercare la massima efficienza dell’organismo. Rimane fondamentale il giusto inquadramento del ritmo di percorrenza. Facciamo qualche esempio per capire meglio.

Un atleta che ha un personale di 40’ sui 10 km a quale andatura deve correre i 1000 metri? Quanti ne deve fare? Quanto recupero fare e in che modo? Rispondere non è semplice, troppe sono le variabili. Vediamo almeno quali errori evitare.

Proporre una seduta di 3x1000 non ha senso perché la quantità è troppo poca per ottenere un adattamento.

Eseguire un allenamento di 6x1000 con recupero di 8’ fra le ripetizioni è sbagliato perché troppo ampio lo spazio di recupero per avere stimoli specifici in funzione 10000 metri.

Se il recupero di un km fra i 1000 può essere giusto se corso a ritmo medio, ha poco senso correrlo ad andatura lenta poiché si dilata in maniera eccessiva la durata del recupero.

Diciamo che è corretto lavorare su recuperi stretti, anche di un solo minuto se da fermo o in leggero movimento, altrimenti se sono eseguiti al ritmo della corsa media il recupero può arrivare anche ad un km. Nel caso che si effettui il recupero in forma veloce, l’andatura dev’essere posizionata nella misura di 20-30” più lenta rispetto alle ripetute sui 1000.

Riguardo al corretto ritmo di percorrenza del 1000 specifico, c’è da fare riferimento ai valori di soglia anaerobica. L’arco di maggior stimolo è quella velocità che va dal limite di soglia anaerobica a quello del massimo consumo di ossigeno. Per essere più precisi, si dovrebbe andare da un ritmo dove vi è ancora un equilibrio lattacido, ad un ritmo al quale il meccanismo aerobico lavora a pieno regime, ma già si riscontra un parziale debito lattacido.

Questo arco è più o meno ampio da un corridore ad un altro. Oltre alle doti innate dell’atleta, questo range è soggetto a mutamenti a seconda dell’allenamento svolto. E’ importante conoscere bene i valori di questa fascia di lavoro per riuscire ad ottenere la massima efficacia dall’allenamento.

 

I MINI PROGRESSIVI

Per contribuire a sensibilizzare queste fasce di lavoro sono utili dei progressivi eseguiti a ritmi elevati. Senza la necessità di effettuare km a ritmi relativamente lenti, si può entrare fin da subito nel cuore della parte specifica della seduta.

Dopo un buon riscaldamento, si svolgono dei tratti di corsa continua a velocità progressiva con occhio vigile sul giusto ritmo o in alternativa sull’incremento delle frequenze cardiache. E’ interessante lavorare in combinato crono-cuore per capire ancora meglio l’incidenza del training. In sostanza si tratta di avere dei dati che poi siano sovrapponibili in futuro quando si tornerà a sostenere sedute identiche o simili.

Vediamo qualche esempio di allenamento di questo tipo che potrebbe essere eseguito da un atleta che vale 40’ sui 10 km:

  • 8 km con 5 km a 4’15” + 2 a 4’ + 1 a 3’45”
  • 6 km con 2 km a 4’10” + 2 a 4’ + 2 a 3’50”
  • 10 km con 4 km a 4’20” + 4 a 4’ + 2 a 3’50”


In pratica si passa da un ritmo medio ad un ritmo gara e si finisce a debito parziale; ma volendo si può concludere anche cercando il picco della produzione lattacida.

Molto utile risulta lavorare a due sole velocità dai valori vicini, in pratica sono dei progressivi da poco sopra soglia a poco sotto. Dovranno essere corsi su distanze brevi perché difficili da tenere a lungo. Ecco un esempio sempre per un corridore del solito livello:

  • 6 km con 3 km a 4’05” + 3 a 3’55”


Bene anche con finale massimale:

  • 6 km con 3 km a 4’05” + 2 a 3’55” + 1 al massimo

 

La difficoltà a svolgere questi allenamenti riguarda la sensibilità al ritmo. Infatti il rischio di progredire troppo velocemente è alto con la conseguenza di trovarsi a metà allenamento già con le gambe pesanti e inoltre vanificando i giusti adattamenti che tale esercizio dovrebbe apportare. Per questo motivo sono allenamenti a cui fanno ricorso solitamente i runners evoluti, ma ritengo che riuscendo a dosarsi bene, siano mezzi utili per chiunque chiede alla prova dei diecimila metri un buon riscontro cronometrico.